Recentemente leggo spesso la parola “algoritmo” associata al mondo del calcio, in particolare al calciomercato e al lavoro di scouting che generalmente si fa “per campi” alla ricerca di giovani promesse. Altrettanto spesso però ho notato una certa confusione nel parlare di “algoritmo”, come se fosse una formula magica partorita da un megacomputer capace di prevedere se un ragazzino di 12 anni può diventare il nuovo Messi o un nuovo Herwin Hoffer. First things first: che cos’è un algoritmo? Tranquilli, non farò una lezione di matematica o informatica (non ne sei sarei in grado), quindi mi limiterò a dirvi che un algoritmo non è altro che una sequenza finita di operazioni (o istruzioni) che consente di risolvere tutti i quesiti di una stessa classe o di calcolare il risultato di un’espressione matematica. Prendiamo ad esempio un programmino (scritto ad esempio in Java, uno dei linguaggi di programmazione informatica più usati al mondo): ci serviamo di variabili (o dati), scriviamo metodi (cioè le azioni per manipolare i dati), usiamo costrutti (espressioni che consentono di alterare l’usuale modo di esecuzione di un programma ), e operatori logici per far sì che un problema venga risolto e ottenere una soluzione in output. Un altro concetto spesso confuso è quello del “machine learning”, ovvero un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale (quindi NON sono la stessa cosa) che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano. Intelligenza artificiale è un termine generico e si riferisce a sistemi o macchine che IMITANO l’intelligenza umana. I termini “machine learning” e “intelligenza artificiale” vengono spesso utilizzati insieme e in modo interscambiabile, ma non hanno lo stesso significato. Adesso passiamo al pallone: come sono applicabili machine learning e algoritmi nel nostro caso? Tralasciando il film “Money Ball”, che parla di algoritmi legati però al baseball (uno sporto completamente diverso rispetto al calcio), mi sono fatto la mia idea. Dato un gran numero di variabili riguardanti un giovane calciatore e date una serie precise di istruzioni, sicuramente si può mettere a punto un gigantesco algoritmo che processato da un computer dia risposte abbastanza precise su quel ragazzo. La macchina può sicuramente poi imparare a essere sempre più precisa col tempo nel processare questi dati. Immagino, ad esempio, che sicuramente si processino i dati di precedenti sessioni di allenamento o di partite per tracciare curve, fare grafici e verificare l’andamento nella crescita di un ragazzo. Ma nella immensità delle variabili da dare in pasto al computer ce ne sono, secondo me, alcune impossibili da selezionare. Che tipo di carattere ha questo ragazzo? I genitori sono permissivi o reticenti? E se avesse uno o più infortuni? E di che entità? E se si innamora e diventa padre in giovane età? E se invece fosse un farfallone? Parla altre lingue o potrebbe impararle così da avere più o meno difficoltà se giocasse all’estero? Credo sia davvero complicato mettere una serie infinita di “if” di questo genere all’interno del mega-algoritmo. Senza parlare poi di altri aspetti dell’essere umano come l’imprevedibilità (specie in giovanissima età) e la creatività. Può una macchina calcolare l’imprevedibilità di un essere umano? Riuscirebbe a ipotizzare quindi un numero finito di possibili scenari futuri?
In “Io, Robot”, Will Smith interroga un androide sospettato di omicidio: indicandolo come una mera macchina, imitazione della vita, gli chiede se può scrivere una sinfonia o dipingere un quadro. L’androide gli risponde: “Tu puoi?” Ecco, sicuramente i numeri, i dati e le statistiche assieme ai software sono uno strumento imprescindibile al giorno d’oggi (specialmente quando si lavora ad alti livelli), ma credo che il lavoro “di campo” da parte di esseri umani di grande competenza (e forse anche empatia) sia imprescindibile. L’istinto di un uomo è qualcosa che una macchina, ad oggi, non credo possa mai eguagliare. Che lascino a noi, dunque, il compito di scrivere una sinfonia. 2/2
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