Diciamoci la verità.
Con l’addio di Garcia e l’avvento di Mazzarri, molti tifosi si erano illusi, anche in virtù delle dichiarazioni del tecnico di San Vincenzo di tornare a praticare un calcio propositivo e divertente.
La cruda realtà ci ha condotto invece verso un cambio di rotta epocale.
Epocale perché negli ultimi 10-15 anni tra alti e bassi, l’unico comune denominatore era un’identità di gioco ormai intrinseca, sul quale il Napoli basava ogni progetto di costruzione di squadra.
Ci ritroviamo oggi, dopo vani tentativi di ricostruire il filo spezzato durante il post scudetto da scelte scellerate, a ricomporre il puzzle, provando vie diverse.
Il passaggio alla difesa 3 ci ha riportato (almeno a guardare le ultime uscite) ad una certa solidità e compattezza difensiva, ma allo stesso tempo, il calo della pericolosità offensiva desta non poche preoccupazioni.
La partita con la Lazio secondo Mazzarri ci ha ridonato una Squadra (la S è maiuscola non a caso) e dal punto di vista dell’abnegazione e del senso del sacrificio ha ragione.
Ma non è tollerabile, a mio avviso, non produrre tiri in porta, nonostante le assenze, con circa 100 milioni di valore offensivo tra Raspadori, Politano, Lindstrom e Ngonge.
Zero tiri in porta e una difficoltà inaudita nell’uscita dal basso, con calciatori di assoluta qualità come Lobotka, Zielinski, Mario Rui o lo stesso Di Lorenzo, ad esempio, che vengono bypassati da lanci lunghi, che soprattutto senza Osimhen o Simeone, si rivelano pane morbido da masticare per le difese avversarie.
E qui giunge il dilemma, dalla partita col Verona cosa ci dobbiamo aspettare?
Un Napoli che segue questa falsa riga, o un Napoli che , quantomeno, riprovi a riconoscersi col passato?
Ai posteri l’ardua sentenza.
[✍️: @Vitto2012 ]
Vivo fuori Napoli, ma Napoli me la porto dentro. Cofondatore e Creator di @memenapoli