Tra le frasi più iconiche del calcio ho sempre preferito “vincere aiuta a vincere” piuttosto che “vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”. Del resto sono entrambe massime che Antonio Conte conosce bene, essendo cresciuto in un ambiente dove questi principi sono stati spesso applicati. Eppure, tra le due, credo che la prima sia quella più adatta al Napoli e, forse, la filosofia che Conte dovrebbe adottare sulla panchina azzurra.
Purtroppo, però, questo weekend ha incarnato un emblematico “perdere aiuta a perdere”, richiamando – seppur con le dovute differenze – quel Napoli-Milan 0-4 che aprì la strada alla successiva eliminazione dalla Champions League.
La scelta di cambiare 11 giocatori, pur considerata da alcuni ponderata – anche per riconoscere le qualità di Juan Jesus dopo quattro anni in maglia azzurra – non si è rivelata felice. In appena tre giorni il Napoli è stato eliminato dalla Coppa Italia e ha perso il primo posto in campionato.
C’è motivo di disperarsi? Di arrendersi? Assolutamente no. La piazza deve restare unita e rispettare il lavoro di Antonio Conte.
Ma il mister non può essere esente da osservazioni costruttive e, inoltre, deve a sua volta rispettare chi segue la squadra. E mi dispiace ribadirlo, ma giovedì scorso, a Roma, non credo abbia mostrato sufficiente considerazione per i tifosi che, nonostante i divieti, i prezzi e un freddo giovedì invernale, erano comunque presenti.
Cosa aspettarsi dal Napoli di Antonio Conte?
Ma lasciamo il passato alle spalle e guardiamo avanti. Cosa aspettarci dal Napoli? Innanzitutto: dobbiamo ritrovare il gol. Segnare è possibile, così come lo è superare la metà campo o battere un calcio d’angolo degno almeno dei Dilettanti. Questa squadra ha la qualità per tornare a segnare, ma è messa in campo nelle condizioni per farlo?
Prendiamo in considerazione l’infortunato Kvaratskhelia: fino ad oggi è stato meno incisivo rispetto al passato, intrappolato in una gabbia mentale che sembra andare oltre la questione rinnovo. In questo Napoli, Kvara si è trovato a coprire, forse per atteggiamento anche suo, la posizione del campo di un terzino. Eh no, non dovrebbe essere così: il ruolo e le caratteristiche sono altre.
McTominay, pur essendo utilissimo in certe situazioni, non è Zielinski quando deve dialogare con Kvara. Olivera, il migliore in campo fino al gol di Isaksen – sì, siamo riusciti a far segnare Isaksen, dopo aver concesso tre gol a Noslin – nelle ultime partite sta provando a dare qualcosa in fase offensiva, ma non ha la qualità né il piede di Mario Rui.
E la fascia destra? Sebbene abbia una conoscenza di gioco superiore alla sinistra, pecca di incisività. Il miglior goleador della zona è Di Lorenzo, e se il giocatore più arretrato è anche il più pericoloso, c’è chiaramente un problema. Politano, dal canto suo, arriva stremato al 60°, costretto a coprire tutto il campo.
Lukaku, invece, non riceve palloni utili: un dato oggettivo. E senza un partner accanto – come ha sempre avuto in carriera – difficilmente potrà migliorare le sue prestazioni. Con l’infortunio di Kvara, chissà se Conte possa tornare alle intenzioni estive e decidere di affiancare a Romelu un compagno di squadra.
Il mister ha sicuramente molto lavoro da fare, specialmente dopo l’infortunio di Kvaratskhelia. Dopo aver sistemato la fase difensiva è ora di vedere progressi davanti, teoricamente la parte del campo dove il Napoli rimane più completo.
C’è qui però una contraddizione evidente: dove siamo più forti e completi sulla carta, stiamo rendendo peggio.
Non condivido, infatti, chi dice che il Napoli non abbia riserve valide. Non sono all’altezza di quelle di Inter o Atalanta, ma non si può affermare che siano inferiori a quelle di altre squadre. Molti dei giocatori schierati titolari in Coppa Italia sarebbero titolari altrove, o entrerebbero ben prima del 75° minuto, come accade con Neres – probabilmente nelle prossime 3/4 settimane avrà più spazio – o addirittura al 92°, come con Simeone.
Detto ciò, emerge un’altra questione: si sostiene che chi non gioca in Europa sia favorito, ed è vero. Tuttavia, uno dei problemi del Napoli è la scarsa competitività tra titolari e riserve. Questo squilibrio impedisce alle seconde linee di avere il giusto spazio per dimostrare il proprio valore, soprattutto con la mancata possibilità – forse meglio dire scelta dell’allenatore – di mischiarli ai titolari. Inserire i panchinari tutti insieme 2 volte l’anno rischia di bruciare chi davvero merita di essere testato.
Conte deve quindi abbandonare quell’aria sabauda che sembra pervadere la squadra. Deve riscoprire uno spirito da scugnizzo, perché, sebbene i risultati finora non siano stati negativi, sul resto c’è ancora molto da fare per tornare ad emozionare.